Conflitto a fuoco durante un’operazione congiunta con l’esercito afgano: la vittima
è il caporale Tiziano Chierotti,
24 anni. Era di Arma di Taggia
è il caporale Tiziano Chierotti,
24 anni. Era di Arma di Taggia
Nell’assalto contro una pattuglia mista di militari italiani e afghani nella provincia di Farah è morto un alpino di 24 anni, il caporale Tiziano Chierotti. Tre suoi compagni sono rimasti feriti. Non sono in pericolo di vita. Morto anche un soldato afgano che partecipava all’operazione.
Mentre a Roma il capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Claudio Graziano, presenta il calendario 2013 della forza armata, dedicato proprio a 30 anni di missioni di pace in tutto il mondo, in Afghanistan, dunque, si spara. Lo scontro è avvenuto intorno alle 13.40, ora locale. Secondo le prime ricostruzioni, i militari italiani coinvolti erano impegnati in una attività di pattuglia congiunta della Task Force South East con unità del 207/o Corpo dell’esercito afgano nel villaggio di Siav, a circa 20 km a ovest della base operativa avanzata `Lavaredo´ di Bakwa - dove è basata la Task Force South East costituita dal 2/o reggimento alpini di Cuneo - quando sono stati attaccati con armi da fuoco da un gruppo di insorti.
Immediata, fa sapere il comando italiano, la reazione della pattuglia che ha subito messo in sicurezza l’abitato di Siav per poi prestare soccorso ai feriti, i quali dopo meno di trenta minuti sono stati evacuati in elicottero presso l’ospedale da campo di Farah, dove sono stati ricoverati. Tre hanno riportato ferite alle gambe e non sono in pericolo di vita. Il caporale Chierotti, gravemente colpito all’addome, è stato trasportato dall’ospedale di Farah alla struttura sanitaria di livello superiore di Camp Bastion. Ma il giovane, originario di Sanremo, è morto per il repentino aggravarsi delle condizioni cliniche, nonostante i tentativi di rianimazione.
La Procura di Roma ha aperto un fascicolo sull’accaduto. Attentato con finalità di terrorismo il reato configurato dagli inquirenti di Piazzale Clodio che sono ora in attesa di una serie di informative sulla dinamica della sparatoria.
Lo scontro fa capire come l’Afghanistan, a poco più di due anni dalla conclusione della missione Isaf decisa dalla Nato per fine 2014, è tutt’altro che pacificato. Anche nella regione Ovest, a guida italiana, dove sono impiegati i circa 3.500 militari del contingente nazionale. Ieri lo scoppio di un ordigno artigianale ha causato la morte di Salim Mobarez, capo del distretto di Porchaman nella provincia di Farah. Il giorno prima nel distretto di Obe - sempre nell’Ovest “italiano” - gli insorti hanno teso un agguato ad un reparto delle forze di sicurezza afgane causando tra sette e 12 morti.
Il premier Mario Monti, dopo il cordoglio per la morte del giovane militare, ha auspicato che «tutto il mondo politico e istituzionale si raccolga intorno alle forze armate italiane, confermando il pieno sostegno al loro impegno nelle aree di crisi ed in particolare all’opera encomiabile che prestano al servizio del nostro Paese nella cruciale fase di transizione istituzionale, stabilizzazione e pacificazione in Afghanistan». Il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, si è stretto alla famiglia dell’alpino ucciso, «un ragazzo generoso e coraggioso e tale si è dimostrato fino all’ultimo momento. Tiziano non ti dimenticheremo. Grazie del tuo esempio quotidiano e del tuo impegno fino all’estremo sacrificio». Di Paola ha poi confermato che la missione non cambia. «Sappiamo - ha spiegato - che questa fase della presenza italiana in Afghanistan è la più delicata e complicata. Il Governo si è impegnato a rispettare le date del ritiro in accordo con gli alleati transatlantici, fino a completare la transizione verso le forze di sicurezza afgane».
Ma dal centrosinistra tornano a levarsi gli appelli al ritiro del contingente nazionale. «Noi dell’Idv - ha detto Antonio Di Pietro - che siamo stati gli unici in Parlamento a votare contro il rifinanziamento delle missioni militari, chiediamo con forza che si scriva la parola fine a tutto questo e che i nostri ragazzi tornino a casa». Per il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero, quello di oggi è «l’ennesimo episodio che dimostra come quella in Afghanistan sia una vera e propria guerra e che le nostre truppe dovrebbero andarsene, subito». Anche per il leader di Sel, Nichi Vendola, «è giunto il momento di riportare a casa i nostri ragazzi».
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha espresso ai familiari di Chierotti «i sentimenti della sua affettuosa vicinanza e della più sincera partecipazione al loro grande dolore» provocato dal «proditorio attacco». E messaggi di cordoglio sono arrivati anche dai presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani.
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